L’uso civico è un peso che grava sui beni immobili, cioè è un diritto che la collettività esercita su terreni demaniali, comunali o anche privati.
Si tratta di un’istituzione giuridica che nacque nel medioevo per garantire un livello minimo di sopravvivenza al popolo.
Il signore feudale, l’imperatore o il legato papale concedeva ai sudditi di una determinata comunità alcuni benefici, come ad esempio il diritto di cacciare o pescare su alcuni suoi appezzamenti, poteva permettere il pascolo (pascolatico) su un certo prato, raccogliere legna (legnatico) in un bosco o funghi (fungatico), frutti, erbe ecc.
Ogni comunità godeva di diritti diversi in base alle caratteristiche del suolo e climatiche, ad esempio nel sud Italia, dove erano diffusi vasti latifondi incolti soggetti a usi civici, si diffuse il “livello”. Questa denominazione deriva dal vocabolo arcaico “libello” che significa contratto e consisteva nell’esercitare il diritto di coltivare un determinato terreno.
Un particolare uso civico veniva esercitato in provincia di Roma, nella località montana di
L’economia del tempo era di sussistenza e si può ben comprendere quale importanza assunsero fin da subito gli usi civici che vennero così esercitati per secoli, inducendo le comunità a ritenere che i terreni sui quali li esercitavano fossero di proprietà della collettività.
In realtà alcuni erano beni demaniali o comunali, ma altri erano proprietà di privati.
Nel 1927 quando ormai l’economia di sussistenza, almeno in alcune parti d’italia, era andata scomparendo, si pose la questione di regolamentare la materia.